In una relazione dell’Associazione medica Britannica il contatto corporeo è stato identificato tra le principali ragioni che spingono le persone verso terapie alternative. Il senso del tatto è il primo a svilupparsi nell’embrione umano. Infatti, già a otto settimane di vita, quando l’embrione nell’utero è lungo appena tre centimetri e non possiede ancora né occhi né orecchie, è sufficiente un superficiale sfioramento delle sue labbra perché lui reagisca allontanando la testa. Secondo i principi dell’embriologia, una funzione vitale è tanto più importante quanto più precocemente si sviluppa. Pertanto, è logico presumere che il contatto sia un bisogno primario per l’uomo. Dal tatto dipende la coscienza di noi stessi e la percezione del mondo intorno a noi. Il tatto ci fornisce il senso della profondità, dello spessore, della forma degli oggetti; è un senso a cui gli esseri umani sono particolarmente reattivi. La cute, con la sua ricchissima innervazione rappresenta l'involucro sensitivo e riflessogeno per eccellenza, da essa iniziano e finiscono i confini dell’”io”. Il tatto e il bisogno di contatto, rappresentano un condizionamento neuro-associativo, un imprinting psico-biologico che si installa fortemente durante la vita fetale e che è quindi in grado di rappresentare un bisogno vitale. Infatti, l’embrione, all’interno della cavità uterina, è immerso e cullato nel liquido amniotico, da cui riceve una leggera stimolazione tattile. In questa prima fase della vita intrauterina, l’embrione sperimenta un continuo, dolce idromassaggio che non si arresta neanche di notte, quando la mamma dormendo lo cullerà con la sua respirazione, lentamente e ritmicamente. Dal secondo mese di gravidanza in poi, l’embrione cresce rapidamente fino a riempire completamente l’utero. Verso l’ottavo mese, la stimolazione tattile è effettuata direttamente dalle morbide pareti muscolari uterine. Quello che prima era un idromassaggio è divenuto ora un vero e proprio massaggio avvolgente, profondo e ritmico, che culminerà con un ultimo energico massaggio durante il parto. Anche se non possiamo ricordare a livello conscio il periodo trascorso nell’utero di nostra madre, il nostro inconscio, la nostra pelle e il nostro corpo lo rammentano bene (Leanti La Rosa, 1990, 1992). Il futuro dell’adulto, i suoi comportamenti, la sua salute saranno per sempre legati a queste forti esperienze prenatali. Il distacco originario dalla madre, avvenuto col parto, è un’esperienza così traumatica per il neonato che, in base alle interpretazioni psicoanalitiche, per tutta la vita nutrirà nostalgia per il calore, le carezze e la perduta unione fisica con la madre, spinto dal ricordo inconscio della beatitudine provata nel grembo materno. E’ dal contatto sicuro e continuo durante l’infanzia, sempre secondo la moderna psicoanalisi, che dipende la fiducia basilare nel mondo. Le ricerche sul comportamento dei bambini dimostrano che, potendo scegliere tra il cibo e un contatto rassicurante, la maggior parte opta per la seconda possibilità. Il dottor Lipsitt, della Brown University (New York), ha condotto esperimenti su gemelli prematuri posti in incubatrici, sottoponendo uno dei neonati a stimoli supplementari, per dieci minuti al giorno, toccandolo, coccolandolo e parlandogli. In seguito, si è potuto constatare che, all’età di quattro mesi, il gemello sottoposto a stimoli presentava una netta superiore capacità di apprendimento. Il medico americano David Sobel ha dimostrato, tramite due trial controllati, che accarezzare e massaggiare i bambini prematuri tre volte al giorno per dieci giorni, li ha fatti crescere del quasi 50% in più rispetto a quelli curati solo medicamente (Angela, 2002). Esiste quindi un fondamentale collegamento diretto tra il piacere provocato dal contatto fisico e i nostri ricordi inconsci relativi al periodo trascorso nel ventre materno che solo forti esperienze negative possono spezzare, con conseguenze spesso disastrose.
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